di Federico Fanti
Il 20 febbraio di 200 anni fa, davanti alla Società Geologica di Inghilterra, William Buckland pronunciava per la prima volta il nome di un animale davvero fuori dall’ordinario: il Megalosauro (Megaolosaurus). Anche se non aveva a disposizione i resti completi di questo animale, le dimensioni e soprattutto i grandi denti ricurvi ritrovati a poca distanza da Oxford non lasciavano dubbi sull’unicità di questo animale. E poi, era fatto di pietra, era fossilizzato.
Non si poteva avere una immagine chiara dell’aspetto perché nessun animale era paragonabile al Megalosauro, e neppure capire quando fosse vissuto, specialmente in un mondo, quello di inizio Ottocento, che considerava la Terra vecchia di 6000 anni – e non 4,5 miliardi di anni – e in cui evoluzione ed estinzione erano concetti semplicemente sconosciuti: Charles Darwin pubblicherà infatti la sua rivoluzionaria “L’origine delle specie” solo nel 1859.
Il Megalasauro è una vera icona nel mondo della paleontologia e dei dinosauri, essendo il primo ad essere stato descritto scientificamente. Sono moltissimi gli scienziati che ogni anno cercano di vederne i fossili di persona. Per quanto mi riguarda, sono sempre stato attratto dalla storia del Megalosauro, trovato per caso in una miniera di Stonesfield, un piccolo paese a poca distanza da Oxford. Per questo motivo ho cercato in ogni modo di vedere il luogo in cui è stato trovato e per farlo mi sono calato con un argano in un pozzo che conduceva ad un labirinto di cunicoli sotterranei circa 20 metri nel sottosuolo inglese.
Le miniere in cui vennero scavate le ossa del Megalosauro e di molti altri animali dello stesso periodo. I cunicoli sono abbandonati da tempo, ma questo non vuol dire che non ci possano essere altri dinosauri da scavare nelle rocce.
Il ritrovamento di Megalosauro ebbe un impatto incredibile nella comunità scientifica, che in breve tempo fu costretta ad affrontare ritrovamenti simili in tutta Europa. Fu la nascita del “tempo profondo” ossia accettare che la storia dell’uomo e del pianeta Terra non sono sinonimi e che molto era successo prima del nostro arrivo.
Capire il tempo, capire l’evoluzione, capire il concetto di estinzione e di cambiamento fu qualcosa di rivoluzionario, anche se oggi ci può sembrare banale. Decenni di scavi in tutto il mondo confermarono tutte queste teorie, e oggi grazie anche alle tecnologie di cui disponiamo, non consideriamo più i fossili come i resti di strani mostri preistorici, ma come uno strumento fondamentale per capire la storia della Terra, la nostra storia, e per capire come funziona davvero il pianeta che abbiamo la fortuna di abitare.
Anche se il Megalosauro è diventata una vera e propria star, non è l’unico fossile rinvenuto a Stonesfield. Insetti, piante, invertebrati e microfossili ritrovati negli stessi strati rocciosi ci hanno permesso non solo di dare una età a questi animali – 160 milioni di anni – ma di ricostruire un complesso ecosistema del periodo Giurassico.
Capire come gli esseri viventi reagiscano ai cambiamenti ambientali è esattamente quello che oggi cerchiamo di fare. Studiare il passato ci offre la possibilità di avere innumerevoli esempi e confronti, dandoci la possibilità di capire come costruire in modo sempre più accurato e scientifico le previsioni per il nostro futuro.