• Extinction – Prima e dopo la scomparsa dei dinosauri

    Lunedì 8 luglio alle ore 17:30 avrà luogo l’inaugurazione del parco pubblico “Orto San Benedetto”, un progetto che nasce da un’idea dell’Amministrazione comunale della città di Gubbio.
    Intenzione della città Eugubina è di continuare ad investire sul segmento del turismo naturalistico e geopaleontologico, visto il collegamento con la vicinissima mostra Extinction, che racconta le grandi estinzioni verificatesi nel corso delle Ere geologiche, compresa quella dei dinosauri, e il geosito della Gola del Bottaccione, che lo scorso anno si è confermato un riferimento mondiale per tutta la comunità scientifica con l’attribuzione del Golden Spike. Tale sito, già meta di studiosi da tutto il mondo a partire dagli anni 30 del ‘900 , con la sua sequenza di rocce che testimonia anche la caduta sulla Terra del gigantesco asteroide che 66 milioni di anni fa causò l’estinzione di numerose specie (tra cui i celebri dinosauri).

    Il parco pubblico “Orto San Benedetto” è stato riqualificato grazie al contributo del GAL Arte Umbria, all’interno dell’ AVVISO PUBBLICO P.A.L. ALTA UMBRIA 2014-2020 AZIONE 19.2.1.6 – Miglioramento dei servizi base ai visitatori e alla popolazione rurale- Bando Smart Villages (Misura 7.4.1 del PSR dell’Umbria 2014-2020), con il cofinanziamento del Comune di Gubbio.Il progetto di riqualificazione del parco pubblico, diretto dall’ Arch. Sebastiano Sarti, con un importo complessivo di circa €220.000 di cui circa €180.000 finanziati dal GAL, ha permesso di rimettere al centro il luogo che anticamente era l’orto del monastero benedettino, diventato negli ultimi anni uno spazio poco vissuto. Il Parco sarà uno spazio pubblico, aperto a tutti, ed in particolare alle famiglie e ai bambini che vogliono “immergersi” nel mondo dei dinosauri. Inoltre, il Comune di Gubbio ha siglato una convenzione con la mostra “Extinction. Prima e dopo la scomparsa dei dinosauri”, “Il ristorante San Benedetto” ed il bar gelateria “Il cinque colli”, al fine di collaborare congiuntamente alla manutenzione ed al rispetto di questa area restituita alla città.

    La cerimonia inaugurale è prevista presso la sala Refettorio dell’ex Monastero di San Benedetto, all’interno della mostra Extinction.
    Interverranno il neo eletto Sindaco di Gubbio Vittorio Fiorucci, il Presidente del Gal Arte Umbria Mirco Rinaldi, l’Architetto Sebastiano Sarti, direttore e ideatore dei lavori di riqualificazione, il Paleontologo Simone Maganuco, curatore della mostra Extinction e rappresentante dell’Associazione Paleontologica APPI.

    A seguito del taglio del nastro, ad ufficializzare la fruizione dei nuovi spazi della cittadinanza, gli operatori di Extinction realizzeranno insieme ai bambini “Pallondino”, il coloratissimo palloncino preistorico, ed il Paleontologo Simone Maganuco sarà a disposizione di tutti per rispondere a domande e curiosità legate ai dinosauri e tanti altri animali estinti.
    Con l’estrazione ufficiale del vincitore del Contest, svoltosi nelle scorse settimane grazie l’aiuto dei visitatori della mostra, il Sauropode di grandi dimensioni “arrivato” all’interno dell’Orto San Benedetto riceverà un nome.

    Quando primi dinosauri “a sangue caldo” ?

    La capacità di regolare la temperatura corporea, una caratteristica che tutti i mammiferi e gli uccelli hanno oggi, potrebbe essersi evoluta tra alcuni dinosauri già all’inizio del periodo Giurassico, circa 180 milioni di anni fa: questo è ciò che suggerisce un nuovo studio condotto da ricercatori della UCL – University College London e dell’Università di Vigo.

    All’inizio del XX secolo, i dinosauri erano considerati animali lenti e “a sangue freddo” come i rettili moderni, che facevano affidamento sul calore del sole per regolare la loro temperatura. Scoperte più recenti indicano che alcuni tipi di dinosauri erano probabilmente in grado di generare il proprio calore corporeo, ma non si sa quando sia avvenuto questo adattamento.

    Il nuovo studio, pubblicato oggi sulla rivista Current Biology, ha esaminato la distribuzione dei dinosauri nei diversi climi della Terra durante il Mesozoico (l’era che vide il dominio dei dinosauri e dei grandi rettili sul nostro pianeta e che durò da 230 a 66 milioni di anni fa), attingendo a 1.000 fossili, modelli climatici e geografici del periodo e agli alberi evolutivi dei dinosauri.

    Il gruppo di ricerca ha scoperto che due dei tre principali gruppi di dinosauri, i teropodi (come T. rex e Velociraptor) e gli ornitischi (compresi i parenti dei mangiatori di piante Stegosaurus e Triceratops), migrarono verso climi più freddi durante il Giurassico inferiore, suggerendo quindi lo sviluppo dell’endotermia (la capacità degli organismi di generare calore internamente) già a partire da 180 milioni di anni fa. Al contrario, i sauropodi, l’altro gruppo principale che comprende il Brontosaurus e il Diplodocus, vivevano nelle aree più calde del pianeta.

    Precedenti ricerche avevano scoperto caratteristiche legate al “sangue caldo” tra gli ornitischi e i teropodi, alcuni dei quali erano noti per avere piume o proto-piume, che avevano funzione isolante per il calore interno di questi animali.

    © Davide Bonadonna (www.davidebonadonna.it)
    L’opera mostra un dromaeosauro, un tipo di teropode piumato, nella neve. 
    Questo gruppo di dinosauri è popolarmente noto come raptor. Un dromaeosauro molto noto è il Velociraptor, ritratto nel celebre film Jurassic Park.

     

    Alfio Alessandro Chiarenza, dell’UCL Earth Sciences e primo autore dello studio pubblicato oggi, ha dichiarato: “Le nostre analisi mostrano che sono emerse diverse preferenze climatiche tra i principali gruppi di dinosauri intorno al Jenkyns Event, circa 183 milioni di anni fa, quando un’intensa attività vulcanica portò al riscaldamento globale e all’estinzione di diversi gruppi vegetali. In questo periodo emersero molti nuovi gruppi di dinosauri. L’adozione dell’endotermia, forse il risultato di questa crisi ambientale, potrebbe aver consentito ai teropodi e agli ornitischi di prosperare in ambienti più freddi, consentendo loro di essere molto attivi anche per lunghi periodi di tempo, di svilupparsi e crescere più velocemente e produrre più prole”.

    La coautrice Sara Varela, dell’Università di Vigo, in Spagna, ha dichiarato: “I teropodi includono anche gli uccelli e, come evidenzia questo studio, la loro capacità di regolazione interna della temperatura corporea potrebbe aver avuto origine in questo momento del Giurassico inferiore. Nello stesso periodo, i sauropodi, che vivevano in climi più caldi, presentavano dimensioni gigantesche tra le caratteristiche più evidenti e ciò potrebbe rappresentare un altro possibile adattamento dovuto alla pressione ambientale. Il loro minore rapporto tra superficie e volume potrebbe significare, per queste creature di dimensioni ragguardevoli, perdita di calore a un ritmo ridotto, consentendo loro di rimanere attive più a lungo”.

    Nello studio, i ricercatori hanno anche indagato se i sauropodi tendessero a rimanere a latitudini più basse anche per un fattore legato ai nutrienti, per mangiare fogliame più ricco non disponibile nelle regioni polari più fredde. Invece, si è scoperto che i sauropodi sembravano prosperare in ambienti aridi, simili alla savana. Tutto ciò rappresenta un ulteriore supporto all’idea che la loro restrizione ai climi più caldi sia legata principalmente ad un fattore termico, ad una temperatura più elevata e quindi a una fisiologia a “sangue freddo”. Le regioni polari, infatti, erano più calde di quelle attuali e caratterizzate da vegetazione abbondante, rappresentando quindi per i sauropodi una buona riserva di nutrienti.

    Il coautore, il dottor Juan L. Cantalapiedra, del Museo Nacional de Ciencias Naturales (Madrid -Spagna) ha dichiarato: “Questa ricerca suggerisce una stretta connessione tra il clima e il modo in cui si sono evoluti i dinosauri. Getta nuova luce su come gli uccelli potrebbero aver ereditato un tratto biologico unico dagli antenati dinosauri e sui diversi modi in cui i dinosauri si sono adattati a cambiamenti ambientali complessi e a lungo termine”.

    Lo studio ha coinvolto ricercatori dell’UCL, dell’Università di Vigo, dell’Università di Bristol e del Museo Nacional de Ciencias Naturales di Madrid, e ha ricevuto finanziamenti dal Consiglio europeo della ricerca, dal Ministero spagnolo della ricerca, dal Consiglio per la ricerca sull’Ambiente Naturale e dalla Royal Society.

    Lo studio su Current Biology

    Megalosaurus…e poi tutto cambio’

    di Federico Fanti

    Il 20 febbraio di 200 anni fa, davanti alla Società Geologica di Inghilterra, William Buckland pronunciava per la prima volta il nome di un animale davvero fuori dall’ordinario: il Megalosauro (Megaolosaurus). Anche se non aveva a disposizione i resti completi di questo animale, le dimensioni e soprattutto i grandi denti ricurvi ritrovati a poca distanza da Oxford non lasciavano dubbi sull’unicità di questo animale. E poi, era fatto di pietra, era fossilizzato.


    Non si poteva avere una immagine chiara dell’aspetto perché nessun animale era paragonabile al Megalosauro, e neppure capire quando fosse vissuto, specialmente in un mondo, quello di inizio Ottocento, che considerava la Terra vecchia di 6000 anni – e non 4,5 miliardi di anni – e in cui evoluzione ed estinzione erano concetti semplicemente sconosciuti: Charles Darwin pubblicherà infatti la sua rivoluzionaria “L’origine delle specie” solo nel 1859.

    Il Megalasauro è una vera icona nel mondo della paleontologia e dei dinosauri, essendo il primo ad essere stato descritto scientificamente. Sono moltissimi gli scienziati che ogni anno cercano di vederne i fossili di persona. Per quanto mi riguarda, sono sempre stato attratto dalla storia del Megalosauro, trovato per caso in una miniera di Stonesfield, un piccolo paese a poca distanza da Oxford. Per questo motivo ho cercato in ogni modo di vedere il luogo in cui è stato trovato e per farlo mi sono calato con un argano in un pozzo che conduceva ad un labirinto di cunicoli sotterranei circa 20 metri nel sottosuolo inglese. 

    Le miniere in cui vennero scavate le ossa del Megalosauro e di molti altri animali dello stesso periodo. I cunicoli sono abbandonati da tempo, ma questo non vuol dire che non ci possano essere altri dinosauri da scavare nelle rocce.

    Il ritrovamento di Megalosauro ebbe un impatto incredibile nella comunità scientifica, che in breve tempo fu costretta ad affrontare ritrovamenti simili in tutta Europa. Fu la nascita del “tempo profondo” ossia accettare che la storia dell’uomo e del pianeta Terra non sono sinonimi e che molto era successo prima del nostro arrivo.
    Capire il tempo, capire l’evoluzione, capire il concetto di estinzione e di cambiamento fu qualcosa di rivoluzionario, anche se oggi ci può sembrare banale. Decenni di scavi in tutto il mondo confermarono tutte queste teorie, e oggi grazie anche alle tecnologie di cui disponiamo, non consideriamo più i fossili come i resti di strani mostri preistorici, ma come uno strumento fondamentale per capire la storia della Terra, la nostra storia, e per capire come funziona davvero il pianeta che abbiamo la fortuna di abitare.

    Anche se il Megalosauro è diventata una vera e propria star, non è l’unico fossile rinvenuto a Stonesfield. Insetti, piante, invertebrati e microfossili ritrovati negli stessi strati rocciosi ci hanno permesso non solo di dare una età a questi animali – 160 milioni di anni – ma di ricostruire un complesso ecosistema del periodo Giurassico.
    Capire come gli esseri viventi reagiscano ai cambiamenti ambientali è esattamente quello che oggi cerchiamo di fare. Studiare il passato ci offre la possibilità di avere innumerevoli esempi e confronti, dandoci la possibilità di capire come costruire in modo sempre più accurato e scientifico le previsioni per il nostro futuro.

    Dinosauria: anatomical and ecological innovations along the avian lineage

    I dinosauri, dominatori della Terra per 230 milioni di anni, si distinguono per una straordinaria diversità biologica riscontrabile nelle abitudini alimentari, negli ambienti occupati e nelle dimensioni corporee, spaziando dal colibrì al Tyrannosaurus rex. Ricerche condotte da ormai due secoli hanno collegato i dinosauri agli uccelli, sollevando interrogativi sullo sviluppo di caratteristiche biologiche una volta considerate tipiche solo degli uccelli moderni.
    Il dibattito sull’origine di un elevato metabolismo capace di termoregolare indipendentemente dall’ambiente esterno, in contrapposizione a quanto presente in molti rettili odierni, affonda le radici nella concezione del termine “Dinosauria” proposta da Richard Owen nel XIX secolo. Nonostante gli sforzi di molti ricercatori, la sfida persiste a causa della scarsità di informazioni fossili, generando divergenze di opinione sull’evoluzione di questa caratteristica fisiologica.
    Recenti scoperte fossili, unite a progressi nelle metodologie filogenetiche e nelle scienze paleontologiche, suggeriscono un nuovo scenario sull’origine della biologia peculiare degli uccelli all’interno della linea evolutiva dei dinosauri, indicando un’evoluzione di queste caratteristiche ben prima di quanto comunemente si credesse…

    Ci parlerà di questa incredibile diversità, che vede come protagonisti tra i più iconici animali della storia della Vita, il Dottor Alessandro Chiarenza (Università di Vigo), lunedì 11 dicembre ore 10, presso l’auletta di Anatomia Comparata – Alma Mater Studiorum Università di Bologna (via Selmi 3).

    Ascesa e trionfo dei mammiferi – The Rise and Reign of the Mammals

    Dal tramonto del regno dei dinosauri fino a noi

    È una scena che abbiamo immaginato tutti: l’asteroide che solca il cielo con la sua coda in fiamme e si schianta al largo dell’odierno Messico, sollevando tsunami e una nube nera e densissima, lassù a oscurare il sole. Quando la polvere finalmente si posa, i dinosauri si sono estinti e i primi mammiferi possono sgattaiolare fuori dalle loro tane: la fine di un mondo, l’inizio di un altro. 
    Ma non è andata proprio così: in realtà all’epoca del meteorite i mammiferi esistevano già, e da tantissimo tempo.
    Steve Brusatte, dopo aver ricostruito Ascesa e caduta dei dinosauri, ci racconta da principio questa nuova epopea: più di 200 milioni di anni fa, quasi in contemporanea ai primi dinosauri, anche i mammiferi fecero la loro comparsa, sviluppando poi nell’arco di molte ere geologiche i loro tratti distintivi – olfatto e udito raffinati, folte pellicce a ricoprire il corpo, cervello grosso e intelligenza acuta, metabolismo a sangue caldo, arcata di denti peculiare e soprattutto ghiandole mammarie attraverso cui allattare i cuccioli. Ma non si tratta solo di questo: è grazie al fatto che i mammiferi si adattarono meglio alle nuove condizioni climatiche e geologiche che, proprio alla fine della storia meravigliosa raccontata in questo libro, alcuni di loro, molto simili alle scimmie antropomorfe di oggi, presero una strada evoluzionistica del tutto diversa dagli altri che li portò ancora più lontano. Così, Ascesa e trionfo dei mammiferi è anche il lungo e appassionante prologo di una storia che, in fin dei conti, è la nostra storia.

    Di questo e tanto altro ancora, il Prof. Brusatte ci parlerà durante due imperdibili eventi organizzati da APPI – Associazione Paleontologica Paleoartistica Italina:

    Giovedì 30 novembre ore 16,30

    Firenze presso Palazzo Marucelli Fenzi, Aula Magna 112, via San Gallo 10.

    L’evento è organizzato in collaborazione con il Sistema Museale d’Ateneo e il Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università degli Studi di Firenze.

    e

    Venerdì 1 dicembre ore 16,00

     a Roma, presso Aula Lucchesi del Dipartimento di Scienze della Terra, Sapienza Università di Roma, nell’ambito dell’assemblea annuale della Società Geologica Italiana.

    Entrambi gli eventi sono patrocinati da Società Geologica Italiana e Società Paleontologica Italiana.

    Il Prof. Steve Brusatte in posa con un cranio di Smilodon. ©S. Brusatte

    Professore all’Università di Edimburgo, Steve Brusatte è uno dei paleontologi più famosi e apprezzati della sua generazione. Ha dato il nome a più di quindici nuove specie di dinosauri e a diverse specie di antichi mammiferi. Specializzato in biologia evolutiva e anatomia dei dinosauri, ha pubblicato articoli su “Science” e numerose altre riviste scientifiche, collabora abitualmente con “Scientific American” e “The New York Times”. È consulente scientifico per la paleontologia di BBC e 20th Century Fox, nonché per la serie di film di Jurassic World. Oltre a Dinosaur Paleobiology (Wiley Blackwell, 2012), testo di riferimento per la sua disciplina, ha scritto il bestseller internazionale Ascesa e caduta dei dinosauri (Utet 2018).

    SADP – The Southern Alberta Dinosaur Project

    Dinosaur Provincial Park_ Foto D. Bonadonna

    In via del tutto sperimentale e per la prima volta, la scorsa estate l’Associazione Paleontologica APPI ha  avviato un progetto di collaborazione con il ROM (Royal Ontario Museum) e il Philip J. Currie Dinosaur Museum per un progetto di scavo paleontologico e prospecting geologico che ha coinvolto anche alcuni studenti italiani dell’Università Alma Mater di Bologna, le cui attività sono state supportate da APPI.
    Il progetto ha avuto come referenti scientifici i paleontologi David Evans (ROM) per l’area del Milk River, Manyberries e Corwin Sullivan (University of Alberta e Philip J. Currie Dinosaur Museum) per il progetto nell’area di Grande Prairie.
    Le attività di campagna si sono svolte nella regione dell’Alberta, in Canada, e le oltre tre settimane di permanenza ci hanno dato modo di apprezzare le bellezze e la varietà di questa regione da un punto di vista geologico ma anche paesaggistico, oltre che alla ricchezza di reperti fossili. 

    Gli studenti che ci hanno accompagnato in questa esperienza hanno provenienze formative differenti, e per questo motivo, le attività svolte sul campo sono state di carattere geo-paleontologico la prima e più specificatamente paleontologica la seconda.

    L’Alberta è al centro delle scoperte di dinosauri già dalla fine dell’800, quando diverse spedizioni del Geological Survey of Canada raccolsero ossa dei grandi rettili mesozoici nella parte più meridionale della regione. Quasi sempre i siti più produttivi e in generale gli esemplari più significativi e meglio preservati provenivano dai calanchi lungo il Red Deer River, in quello che oggi è giustamente chiamato Dinosaur Provincial Park. Per questa sua importanza, l’area all’interno e intorno al Dinosaur Provincial Park è stata quindi riccamente campionata, con oltre 400 scheletri di dinosauri articolati o associati raccolti da questa località in oltre un secolo di ricerche.

    La prima parte del nostro lavoro si è svolta dal 15 al 26 luglio, nell’area del Milk River lungo il confine con il Montana (USA).Il nostro team ha fatto parte di un progetto di ricerca sul campo che va avanti da diversi anni, organizzato e avviato dal Royal Ontario Museum (con la supervisione del Dott. David Evans) con i colleghi del Cleveland Museum of Natural History e del Royal Tyrrell Museum. Quest’area contiene alcuni dei più antichi sedimenti con faune a dinosauri in Alberta e ha il potenziale per rivelare nuove specie dei grandi rettili mesozoici per contribuire alla nostra conoscenza nell’evoluzione dei dinosauri del tardo Cretaceo, oltre a rappresentare una delle aree con la maggior biodiversità a dinosauri del mondo.

    Daspletosauru quarry_Foto di A. Giamborino

    La geologia e la paleontologia del tardo Cretaceo dell’Alberta sono state intensamente studiate, ma le ricerche sono state indirizzate principalmente verso aree con grandi quantità di siti affioranti facilmente accessibili, concentrando l’attenzione come già detto, sul Dinosaur Provincial Park.
    Nei livelli fossiliferi negli strati rocciosi della Dinosaur Park Formation sono presenti diversi turnovers faunistici che sono certamente dovuti a cambiamenti ambientali di queste aree. Lo studio quindi anche delle aree limitrofe al Dinosaur Provincial Park è importante per comprendere meglio le cause di questi cambiamenti e i loro reali effetti sulla fauna. Spostandosi nell’area più a sud dell’Alberta al confine con il Montana, nella regione del Milk River, i dati geologici e paleontologici sono però più scarsi ma comunque molto promettenti. Da questa zona infatti arrivano alcuni dei più antichi sedimenti a dinosauri in Alberta (Milk River, Foremost e Oldman Formation) nonché porzioni significative delle Oldman e Dinosaur Park Formation che sono equivalenti nel tempo alle sezioni esposte all’interno del Dinosaur Provincial Park e che quindi potrebbero contribuire ad una maggiore comprensione dell’area.

    Mappatura sito_Foto A. Giamborino

    Per questo motivo, il progetto di ricerca pluriennale sul campo, mira a eseguire un’indagine paleontologica completa di quest’area, con l’obiettivo di compilare un quadro biostratigrafico dettagliato per questa regione che possa essere confrontato direttamente con il ben noto Dinosaur Provincial Park e per documentare la fauna ancora poco conosciuta dei dinosauri della metà inferiore del Belly River Group e della Milk River Formation. 

    Nei prossimi articoli racconteremo quello che è stata la nostra esperienza sul campo, direttamente dalla penna di chi è stato più coinvolto, i nostri studenti!
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    Prorogata!

    Visto il positivo riscontro di pubblico, è stata prorogata fino al 25 ottobre 2020 l’apertura della mostra Dinosauri in Carne e Ossa a Rovereto.

    Allestita presso il Parco dell’ Ex Asilo Nido Manifattura di Rovereto (via delle Zigherane 1D), l’esposizione è organizzata dall’Associazione Paleontologica Paleoartistica Italiana APPI e promossa dal Comune di Rovereto in collaborazione con MUSE -Museo delle Scienze, Fondazione Museo Civico e GeoModel di Mauro Scaggiante e con il supporto di Apt Rovereto e Vallagarina e Prehistoric Minds.

    A fianco delle spettacolari ricostruzioni a grandezza naturale dei dinosauri e degli altri animali preistorici che caratterizzano il format DCO, è presente una sezione multimediale a cura del Muse (Trento), dedicata alle orme fossili dei Lavini di Marco, una testimonianza vecchia 200 milioni di anni del passaggio dei dinosauri in queste terre.
    Inoltre, per tutti i soci APPI è prevista una particolare tariffa ridotta!

    Maggiori informazioni su www.paleoappi.it/dinosauri-in-carne-e-ossa/

    PODCAST: L’Estinzione dei Dinosauri

    A cura di Co.scienza
    https://trascienzaecoscienza.wordpress.com/


    L’episodio proposto riguarda l’estinzione di massa che 66 milioni di anni fa ha visto i protagonisti più celebri del Mesozoico: i dinosauri.
    PODCAST su Spotify

    L’asteroide, colpendo la piattaforma carbonatica dello Yucatán, con il conseguente rilascio di grandi quantità di particelle e gas nell’atmosfera, ha bloccato la radiazione solare e causato così condizioni di inverno permanente.
    Anche le eruzioni vulcaniche dei Trappi del Deccan, nell’attuale India, produssero notevoli quantità di polveri e gas, ma con effetti su scale diverse rispetto all’impatto extraterrestre. Diversi studi hanno dimostrato come le emissioni di gas serra da queste province magmatiche abbiano probabilmente causato diversi episodi di riscaldamento globale, prima, durante e dopo l’estinzione di massa.
    Ai microfoni il paleontologo Alessandro Chiarenza, autore dello studio pubblicato poche settimane fa sulla rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences)

    Un Pulcino in Alaska

    Una mandibola fossile dal Circolo Polare Artico dell’Alaska rivela nuove informazioni sull’identità di un nuovo dinosauro carnivoro e sulle abitudini non migratorie di questi animali del passato.

    Un frammento di mandibola dall’Alaska rappresenta un raro esemplare di dinosauro dromeosauride dall’Artico, secondo lo studio pubblicato oggi sulla rivista scientifica PLOS ONE da un gruppo di ricerca guidato dal paleontologo italiano Alfio Alessandro Chiarenza (University College London e Imperial College London, UK).
    Il team include Anthony Fiorillo (Southern Methodist University, Texas), Ron Tykoski e Dori Contreras (Perot Museum of Nature and Science, Texas), Paul McCarthy (University of Alaska, Fairbanks, Alaska), Peter Flaig (University of Texas at Austin, Texas).

    Arctic Raptor Jaw_©A. Chiarenza

    I Dromeosauridi furono un gruppo di dinosauri predatori vicini evolutivamente agli uccelli, comprendente specie iconiche come il Deinonychus e il Velociraptor (resi popolari dal celebre film Jurassic Park del 1993 e successivamente dal film di animazione Dinosauri, 2000). Questi teropodi vivevano in diversi continenti, ma le loro ossa spesso piccole e delicate, raramente si conservano nel record fossile, complicando gli sforzi degli studiosi di ricostruire la loro storia evolutiva e la loro distribuzione fra i diversi continenti.

    Dalla formazione geologica Prince Creek, nel nord dell’Alaska, proviene la più grande collezione di dinosauri polari al mondo, datati intorno a 70 milioni di anni, ma fino a questo momento gli unici fossili rinvenuti attribuibili a dromeosauri erano rappresentati soltanto da pochi denti isolati e frammentari. Questa porzione di mandibola lunga appena 14 mm, e che preserva la punta anteriore dell’osso, è il fossile più completo proveniente da queste latitudini. Le analisi anatomiche e statistiche indicano che questo fossile apparteneva a uno stretto parente del dromeosauro nordamericano Saurornitholestes.

    Si pensa che i dromeosauri provenissero dall’Asia, e che abbiano raggiunto successivamente il Nord America quando l’Alaska rappresentava un ponte naturale per la migrazione delle specie fra questi due continenti.
    Il nuovo fossile è un importante tassello nella comprensione di quei dinosauri che nel tardo Cretacico vivevano a queste latitudini estreme.

    Inoltre, lo stadio di crescita dell’individuo rappresentato da questo fossile, verificabile grazie alle dimensioni e alla struttura del tessuto osseo fossilizzato, ci suggerisce che l’animale era probabilmente nato da poco e verosimilmente nella zona circostante.

    Details of the fossil jaw from the Alaska Dromaeosaurid dinosaur

    A differenza di quel che si pensava in passato, e che vedeva l’Alaska come un territorio di passaggio perché climaticamente “ostile”, queste evidenze suggeriscono che nonostante il freddo e almeno quattro mesi annui di totale oscurità (alla fine del Cretacico l’intera area si trovava più a nord dell’attuale, tra gli 80° e i 90° lat.), i dinosauri vi si stabilissero e che trovassero le condizioni ambientali favorevoli alla riproduzione e allo sviluppo.

    Fossil Site Map

    “Se i giovani di questi dinosauri sono stati rinvenuti in quest’area, significa che queste specie dovevano spendere molto tempo nella zona per potersi accoppiare, nidificare e crescere. I pulcini di dinosauro probabilmente non erano fisicamente in grado di migrare per migliaia di chilometri nelle latitudini più meridionali, e questo ci fornisce indicazioni indirette sul fatto che questi animali erano probabilmente residenti perenni dell’Artico preistorico.” Rivela il coautore dello studio Dr Anthony Fiorillo.

    «Questo ritrovamento è particolarmente eccezionale in quanto vi è una particolare difficoltà a reperire fossili di ossa così sottili e delicate, poiché, data la loro fragilità, vengono distrutte dagli agenti esterni ben prima della fossilizzazione. Ancor più raro è trovarne di esemplari così giovani. Possiamo dire quindi che si tratta del classico caso di un ago in un pagliaio». Dice il Dr Alessandro Chiarenza, primo autore dello studio.

    I risultati di questa ricerca sono pubblicati oggi nella rivista scientifica internazionale open access PLOS ONE.

    Chiarenza A.A., Fiorillo A.R., Tykoski R.S., McCarthy P.J., Flaig P.P., Contreras D.L. 2020.
    The first juvenile dromaeosaurid (Dinosauria: Theropoda) from Arctic Alaska.
    PLOS ONE. DOI: 10.1371/journal.pone.0235078

    In copertina: Illustrazione scientifica da parte del paleoartista Andrey Atuchin che mostra il pulcino di dromeosauro sul ramo vicino ad un adulto, mentre un esemplare subadulto insegue un topo marsupiale (Unnuakomys hutchisoni). Alcuni individui del ceratopside Pachyrhinosaurus perotorum riposano sullo sfondo.