• PENSA TU

    Festival della Scienza e della Curiosità III Edizione

    Pensa Tu: dal 23 marzo una nuova edizione del festival della scienza di Cosenza

    Pensa Tu, Festival della Scienza e delle Curiosità torna in primavera con la sua terza edizione.

    La terza edizione del primo Festival della Scienza della Calabria si svolgerà al Parco Acquatico Santa Chiara di Rende (CS) sabato 23 e domenica 24 marzo 2024. Confermati anche per quest’anno due matinée riservati alle scuole, ricchi di attività e laboratori adatti ai visitatori più piccoli, che si terranno a seguire lunedì 25 e martedì 26.

    Pensa Tu è il primo grande Festival dedicato alla Scienza in Calabria. Nelle precedenti edizioni, infatti, oltre novemila sono i visitatori accorsi per partecipare all’iniziativa. Secondo i dati condivisi dagli organizzatori: il 40% del pubblico è residente nel territorio di Cosenza, il 35% in comuni limitrofi e il 25% proviene dal resto della Calabria o da fuori regione.

    Ad oggi, l’evento ha coinvolto più di 50 ospiti tra i divulgatori, scienziati e docenti universitari più celebri e seguiti nel panorama scientifico italiano. Dato che si andrà ad incrementare quest’anno con altri numerosi esperti provenienti da diversi settori scientifici. Insieme a loro, tante mostre, modelli a grandezza naturale di animali preistorici e altri attualmente presenti sul nostro pianeta attendono i futuri visitatori dell’evento.

    L’obiettivo di queste quattro intense giornate è quello di dare a tutti i presenti l’opportunità di un confronto diretto con alcune tra le migliori realtà scientifiche attualmente presenti in Italia. Si parlerà tanto anche dei nostri mari, degli animali che li popolano e della loro salvaguardia. Inoltre, alcune attività e conferenze saranno dedicate all’Intelligenza Artificiale, così soddisfare tutte le curiosità in merito a nuove scoperte in merito a questo vasto mondo in continuo sviluppo. Pensa Tu si fa inoltre contenitore anche delle numerose realtà locali presenti sul territorio calabrese, dando loro l’occasione di entrare a far parte del parco fieristico. Tutti i dettagli a riguardo sono disponibili sul sito ufficiale: www.pensatu.it

    Megalosaurus…e poi tutto cambio’

    di Federico Fanti

    Il 20 febbraio di 200 anni fa, davanti alla Società Geologica di Inghilterra, William Buckland pronunciava per la prima volta il nome di un animale davvero fuori dall’ordinario: il Megalosauro (Megaolosaurus). Anche se non aveva a disposizione i resti completi di questo animale, le dimensioni e soprattutto i grandi denti ricurvi ritrovati a poca distanza da Oxford non lasciavano dubbi sull’unicità di questo animale. E poi, era fatto di pietra, era fossilizzato.


    Non si poteva avere una immagine chiara dell’aspetto perché nessun animale era paragonabile al Megalosauro, e neppure capire quando fosse vissuto, specialmente in un mondo, quello di inizio Ottocento, che considerava la Terra vecchia di 6000 anni – e non 4,5 miliardi di anni – e in cui evoluzione ed estinzione erano concetti semplicemente sconosciuti: Charles Darwin pubblicherà infatti la sua rivoluzionaria “L’origine delle specie” solo nel 1859.

    Il Megalasauro è una vera icona nel mondo della paleontologia e dei dinosauri, essendo il primo ad essere stato descritto scientificamente. Sono moltissimi gli scienziati che ogni anno cercano di vederne i fossili di persona. Per quanto mi riguarda, sono sempre stato attratto dalla storia del Megalosauro, trovato per caso in una miniera di Stonesfield, un piccolo paese a poca distanza da Oxford. Per questo motivo ho cercato in ogni modo di vedere il luogo in cui è stato trovato e per farlo mi sono calato con un argano in un pozzo che conduceva ad un labirinto di cunicoli sotterranei circa 20 metri nel sottosuolo inglese. 

    Le miniere in cui vennero scavate le ossa del Megalosauro e di molti altri animali dello stesso periodo. I cunicoli sono abbandonati da tempo, ma questo non vuol dire che non ci possano essere altri dinosauri da scavare nelle rocce.

    Il ritrovamento di Megalosauro ebbe un impatto incredibile nella comunità scientifica, che in breve tempo fu costretta ad affrontare ritrovamenti simili in tutta Europa. Fu la nascita del “tempo profondo” ossia accettare che la storia dell’uomo e del pianeta Terra non sono sinonimi e che molto era successo prima del nostro arrivo.
    Capire il tempo, capire l’evoluzione, capire il concetto di estinzione e di cambiamento fu qualcosa di rivoluzionario, anche se oggi ci può sembrare banale. Decenni di scavi in tutto il mondo confermarono tutte queste teorie, e oggi grazie anche alle tecnologie di cui disponiamo, non consideriamo più i fossili come i resti di strani mostri preistorici, ma come uno strumento fondamentale per capire la storia della Terra, la nostra storia, e per capire come funziona davvero il pianeta che abbiamo la fortuna di abitare.

    Anche se il Megalosauro è diventata una vera e propria star, non è l’unico fossile rinvenuto a Stonesfield. Insetti, piante, invertebrati e microfossili ritrovati negli stessi strati rocciosi ci hanno permesso non solo di dare una età a questi animali – 160 milioni di anni – ma di ricostruire un complesso ecosistema del periodo Giurassico.
    Capire come gli esseri viventi reagiscano ai cambiamenti ambientali è esattamente quello che oggi cerchiamo di fare. Studiare il passato ci offre la possibilità di avere innumerevoli esempi e confronti, dandoci la possibilità di capire come costruire in modo sempre più accurato e scientifico le previsioni per il nostro futuro.

    Questione di pelle

    Comunicato stampa, 16 febbraio 2024

    La pelle del rettile fossile più antico d’Italia è vera? 

    Un nuovo studio racconta la scoperta inaspettata

    Una pubblicazione sulla rivista Palaeontology getta luce su Tridentinosaurus antiquus, uno dei più celebri rettili fossili d’Italia, risalente a 280 milioni di anni fa: i risultati delle analisi condotte da un team di ricerca del Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige, del MUSE – Museo delle Scienze di Trento, del Dipartimento di Geoscienze e del Museo della Natura e dell’Uomo dell’Università di Padova e dell’University College Cork (Irlanda) dimostrano che la traccia carboniosa superficiale non è pelle ma uno strato di colorante applicato sul reperto quasi 100 anni fa.

    Scoperto nel 1931 nei pressi di Stramaiolo, sull’Altopiano di Pinè, in Trentino, il piccolo rettile Tridentinosaurus, ora conservato presso il Museo della Natura e dell’Uomo dell’Università degli Studi di Padova, deve la propria importanza non solo all’indiscutibile valore di testimonianza fossile del Permiano (da 300 a 250 milioni di anni fa), ma anche al suo peculiare aspetto dovuto a quello che si riteneva un raro processo di conservazione dei tessuti molli: in particolare della pelle. Ed è proprio la mancanza di fossili simili che aveva insinuato il dubbio circa le modalità di conservazione allo stato fossile del reperto ed ha spinto il team a verificare quest’ipotesi di ricerca.

    Fotografia del Tridentinosaurus antiquus.

    Sotto la superficie: analisi dettagliate e scoperte inaspettate

    Un team internazionale, sostenuto dal progetto di ricerca “Living with the supervolcano” finanziato dalla Provincia Autonoma di Bolzano, ha così intrapreso uno studio multidisciplinare alla ricerca dei più piccoli dettagli sulla composizione del reperto che potessero svelare i segreti del piccolo rettile.

    “I fossili eccezionalmente preservati sono rari, ma possono rivelare i segreti della colorazione, l’anatomia interna e la fisiologia degli animali estinti offrendo una visione nitida degli organismi del passato”, sottolinea Valentina Rossi, ricercatrice presso l’Università di Cork, leader dello studio. “La vera sorpresa arriva quando, con tecniche moderne, scardiniamo i segreti nascosti dei fossili”. 

    Valentina Rossi nel laboratorio di microanalisi della School of Biological, Earth and Environmental Sciences, University College Cork (in Irlanda) dove sono state effettuate le analisi microscopiche e molecolari.

    Tridentinosaurus: finalmente uno studio dettagliato

    Attraverso l’uso di potenti microscopi, avanzate analisi chimiche e diffrattometriche, tra cui la microdiffrazione a raggi X a cristallo singolo e la spettroscopia a infrarosso, il fossile ha rivelato i suoi segreti: presumibilmente poco dopo la scoperta, l’intero esemplare è stato trattato con un materiale di rivestimento simile ad una lacca. “Ricoprire i fossili con vernici e/o lacche era un antico metodo di conservazione, in assenza di altri, più opportuni, metodi di protezione dei reperti dal naturale deterioramento”, spiega Mariagabriella Fornasiero, conservatrice presso il Museo della Natura e dell’Uomo di Padova e coautrice dello studio.

    Fig1_sampling_UV: imagini ritraenti (A) il Tridentinosaurus antiquus e la posizione dei microcampioni analizzati; B) immagine della topografia superficiale; C) fotogrfia del fossile sotto lampada UV

    La vera natura della copertura carboniosa

    L’analisi di diversi microcampioni estratti dal fossile ha tuttavia rivelato un’altra verità: la copertura carboniosa non preserva alcuna traccia di strutture biologiche. La composizione chimica dello strato nero superficiale corrisponde infatti a quella di un pigmento commerciale chiamato “nero d’ossa”, prodotto tutt’oggi dalla combustione di ossa di animali. Per Valentina Rossi“Il puzzle si è completato analisi dopo analisi. Quella che era stata descritta come pelle carbonificata era solo una pittura colorata”.

    “La peculiare preservazione di Tridentinosaurus ha lasciato perplessi paleontologhe e paleontologi per decenni”, afferma Evelyn Kustatscher, ricercatrice presso il Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige e coordinatrice del progetto di ricerca. “Ora sappiamo perché! Quello che pensavamo fosse la pelle non lo è, e quindi non è la mummia fossile più antica del mondo”. 

    Alla ricerca della vera identità

    Le analisi hanno tuttavia confermato il valore del fossile nella ricostruzione degli ecosistemi del periodo Permiano (circa 280 milioni di anni fa); le ossa degli arti posteriori sono infatti risultate essere autentiche, così come alcuni osteodermi, strutture simili alle squame dei coccodrilli, sulle quali le ricercatrici e i ricercatori sono ora al lavoro nel tentativo di rivelare la vera identità di TridentinosaurusMassimo Bernardi, direttore Ufficio ricerca e collezioni museali del MUSE e coautore dello studio, conclude: “Lungi dall’essere meri espositori del patrimonio che custodiscono, i musei sono dinamici luoghi di ricerca e costante risignificazione di reperti e pratiche. Grazie all’efficacia e al rigore del metodo scientifico, l’incessante pratica di raccogliere evidenze, formulare ipotesi e rimetterle in discussione fino a costruire la più solida teoria, Tridentinosaurs racconta ora una nuova storia in cui geologia e vicende umane si intrecciano in modo imprevedibile e affascinante,”.

    Per il direttore scientifico del Museo della Natura e dell’Uomo, che ospita il reperto, Fabrizio Nestola, docente del dipartimento di Geoscienze dell’Università di PadovaÈ fondamentale per un gruppo di ricercatori sempre interrogarsi arrivando anche a mettere in discussione ciò che sembra un dato acquisito. Tridentinosaurus è la dimostrazione di questo: ci spinge a continuare le indagini per investigare le sue origini, formulare nuove ipotesi e rispondere agli interrogativi che lo circondano. E compito del nostro Museo è diffondere al pubblico i risultati delle nuove conoscenze acquisite, animando un dibattito che prima di essere scientifico è soprattutto culturale”

    L’articolo completo è disponibile su https://doi.org/10.1111/pala.12690

    GEO-DI’ 2024

    Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna
    Giornate di studio in collaborazione con la sezione di Storia delle Geoscienze della Società Geologica italiana (SGI) e del Sistema Museale di Ateneo (SMA)


    Programma

    Giovedì 15 Febbraio 2024

    Visita geologica e pittorica

    Ore 15.00 – 16.30 – Visita guidata ai dipinti delle cappelle Bentivoglio e S. Antonio, Basilica di San Giacomo Maggiore

    Piazza Rossini 2, Bologna (con Alessandro Ceregato e Gian Battista Vai).

    Venerdì 16 Febbraio 2024

    Giornata di studi

    Accademia delle Scienze, Sala di Ulisse, Via Zamboni 31

    Ore 9.0 – 13.00 SESSIONE SCIENTIFICA
    (moderatore Alessio Argentieri)

    Ore 9.00 – Saluti istituzionali e introduzione ai lavori

    Luigi Bolondi (Presidente Accademia delle Scienze), Rodolfo Carosi Presidente (SGI)

    Gian Battista Vai – Dopo gli anniversari di Giovanni Capellini (1833-1922) e Giuseppe Scarabelli (1820-1905).

    Enrico Curcuruto – Sebastiano Mottura e la serie gessoso solfifera messiniana.

    Paolo Macini – Le escursioni geologiche di Giovonni Copellini in Valacchia (1864-65).

    Marco Pantaloni, Fabiana Console, Fabio Massimo Petti – Sulle Tracce Hermann Wilhelm Abich: un viaggio tra i vulcani italiani.

    Ore 11.00 -11.15 pausa caffè

    Ore 11.15 – ripresa dei lavori

    Corinna Guerra – La storia naturale come metodo.

    Giorgio Vittorio Dal Piaz- Il viaggio intorno al mondo di Felice Giordano: nuovi dettagli da alcune sue lettere ad Isacco Artom.

    Adele Garzarella – Geologia militare e archivi storici: dalle monografie di De Ambrosis alla Wehrgeologie di Bulow-Krantz Sonne, il ruolo della geologia nella seconda Guerra Mondiale.

    Stefano Branca, Daniele Musumeci, Luigi Ingaliso – Etna 1971 tra storia e vulcanologia.

    Simone Fabbi, Alessio Argentieri, Giovanni De Caterini, Anna Giamborino, Giulia Innamorati, Marco

    Romano – Uno contro tutti: lo schema geologico della Calabria di Leo Ogniben (1973), cinquant’ anni dopo

    Stefano Cresta – Neroniade, il giardino delle pietre che parlano dei Paleontologi degli ammoniti giurassici appenninici.

    Ore 13.00 – 14 00: pausa pranzo in loco*

    Ore 14.00 – 17.00 PRESENTAZIONE DEI VOLUMI
    (Moderatore Paolo Macini)

    HO SCELTO LA PRIGIONIA di Vittorio Vialli
    Interventi di: Silvana e Bruno Vialli, Alessio Argentieri, Luca Alessandrini.

    THE HISTORY OF FOSSILS OVER CENTURIES di Maurizio Forli e Andrea Guerrini
    Interventi di: Alessandro Ceregato, Andrea Guerrini, Maurizio Forli.

    A CACCIA DI DINOSAURI di Federico Fanti
    Interventi di: Federico Fanti, Anna Giamborino, Michela Contessi.

    ” Accesso garantito entro il limite di capienza della sala; per motivi organizzativi, è necessario confermare la partecipazione ai lavori di venerdì 16 inviando una e-mail /storiageoscienze@socgeol.it), non oltre giovedì 08/02/2024.

    Comitato Scientifico e Organizzatore: Gian Battista Vai (Accademia delle Scienze; SGI), Alessio Argentieri (Città Metropolitana di Roma Capitale; SGI), Federico Fanti (Università di Bologna; SGI), Paolo Macini (Università di Bologna; SGI), Ezio Mesini (Università di Bologna), Marco Pantaloni (ISPRA; SGI), Bruno Vialli, Silvana Vialli.


    Il Caffè di Geologicamente

    Seminari di divulgazione online

    Avviso ai naviganti! Tornano i seminari di divulgazione della Società Geologica Italiana

    Appuntamento a giovedì 29 febbraio 2024, alle ore 16:00, per un nuovo ciclo di seminari di approfondimento online. Il quinto appuntamento del “Caffè di Geologicamente” verrà trattato con i contributi della Prof.ssa Silvia Danise (Università degli Studi di Firenze) “Riscaldamento globale ed estinzioni: lezioni dal Giurassico Inferiore” e del Prof. Fabrizio Nestola (Università degli Studi di Padova) “Diamanti: messaggeri della Terra profonda”.

    Per partecipare al webinar seguire le indicazioni sottostanti.

    Collegamento Zoom:
    https://us06web.zoom.us/j/82330427374?pwd=hPIfaJXwoEfwnaI62yNZRsImg04uwA.1

    ID riunione: 823 3042 7374
    Codice d’accesso: 891773

    IMPRONTE – Noi e le Piante

    Da secoli, l’occhio di studiose e studiosi ha cristallizzato in immagini quel che possiamo e vogliamo vedere dei vegetali, dapprima disegnando a mano libera, poi usando erbari illustrati e sistemi di stampa sempre più sofisticati. Infine, con tecnologie sempre più sorprendenti, in pochi decenni l’immaginario della botanica è stato stravolto. Ma che cos’è una pianta e che rapporti dobbiamo avere con lei oggi?

    Parma, nella splendida cornice di Palazzo del Governatore, a partire da sabato 13 gennaio a lunedì 1 aprile 2024 Impronte. Noi e le piante, esposizione unica nel suo genere che ripercorre in oltre 200 oggetti figurativi (erbari storiciillustrazioni botaniche, stampe in nature printing e xiloteche, ma anche fotografie moderne e immagini ad alta tecnologia) il rapporto inesauribile che lega umanità e natura, botanica e immagini, scienza e arte.

    Realizzata dall’Università di Parma in collaborazione con il Comune di Parma e il sostegno di Fondazione Cariparma, Gruppo Chiesi e Gruppo Davines, Impronte dipana nelle sue 10 sezioni il filo della memoria naturale che da sempre l’uomo cerca di cogliere e fissare, dalla carta degli erbari alle odierne immagini satellitari dei censimenti arborei, passando per illustrazioni, taccuini, modellini e persino risonanze magnetiche e sguardi ai raggi X. Al centro, ideale e concreto raccordo tra le epoche, l’installazione audiovisiva Artificial Botany, a cura di fuse*, che esplora suggestioni e capacità espressive delle illustrazioni botaniche classiche attraverso l’uso di moderni algoritmi di apprendimento automatico.

    La mostra – visitabile gratuitamente fino all’1 aprile, da mercoledì a domenica dalle 10 alle 19, festivi inclusi – prevede anche visite guidatelaboratori didattici riservati a giovani esploratori accompagnati dai propri insegnanti e un concorso per giovani illustratori, intensificando così il dialogo – mai interrotto – tra Parma e la sua Università. Un rapporto oggi ancora più profondo grazie all’avvio dei lavori di ristrutturazione dell’Orto Botanico, oggetto di un significativo recupero volto a renderlo uno dei fulcri cittadini e nazionali su cui imperniare comunicazione scientificaeducazione e ricerca condivisa, soprattutto sui temi della cultura vegetale in ogni sua declinazione umanistica e scientifica.
    Info dettagli QUI

    Impronte. Noi e le piante è realizzata dall’Università di Parma in collaborazione con il Comune di Parma, il sostegno di Fondazione CariparmaGruppo Chiesi e Gruppo Davines e con il patrocinio e la collaborazione dell’Università di Padovale Scienze e National Geographic.
    Clicca QUI per il colophon

    #VertPaleoBologna

    ©Credits Anna Giamborino (2023)


    Ricerca, Esplorazione, Formazione e Comunicazione. 

    Sono queste le parole chiave che caratterizzano il lavoro del FantiLab, il gruppo di ricerca di Paleontologia dei Vertebrati di Bologna (#VertPaleoBologna).

    Nato dalla collaborazione tra il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali e Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Bologna, APPI – Associazione Paleontologica Paleoartistica Italiana ed eccellenze emergenti della paleontologia, il Gruppo di Ricerca racchiude anni di esperienze concrete in ambito geologico e paleontologico che per noi sono fondamentali.
    Attraverso lo studio dei fossili di tutto il mondo e delle rocce che li contengono, cerchiamo di documentare le relazioni che ci sono tra i cambiamenti ambientali e l’evoluzione delle specie. La chiave per capire come affrontare le sfide di domani. L’obiettivo del nostro lavoro è coordinare, promuovere e condividere con studenti e con il grande pubblico ricerche scientifiche legate alla paleontologia e alla storia del nostro pianeta.

    Ogni anno investiamo in campagne di ricerca internazionali, coinvolgendo ricercatori e studenti nelle attività sul terreno, per garantire la possibilità alle nuove generazioni di essere preparate e competitive sul piano internazionale.
    Crediamo infatti che gli esperti del nostro settore, nel prossimo futuro, dovranno affrontare una delle professioni più dinamiche e affascinanti che ci siano. Dovranno essere prima di tutto scienziati eccellenti, capaci di lavorare con istituzioni pubbliche e private. Saranno chiamati a condividere le loro competenze scientifiche non solo con colleghi e studenti, ma anche con avvocati, commercianti, pubblici ufficiali, ministeri, esperti di etica e soprattutto di comunicazione.

    Quello che ci prefiggiamo di fare nei prossimi anni è di garantire continuità al nostro lavoro, alle nostre idee e ai nostri risultati, aprire nuove ricerche, nuove campagne di scavo e nuovi progetti comunicativi, rimanere un punto di riferimento per le nuove generazioni.
    Vogliamo condividere con voi come pensiamo di farlo.

    ©Credits Greg Funston (2022)

    #VertPaleoBologna
    vertpaleobologna@gmail.com

    ©Credits Greg Funston (2023)

    Dinosauria: anatomical and ecological innovations along the avian lineage

    I dinosauri, dominatori della Terra per 230 milioni di anni, si distinguono per una straordinaria diversità biologica riscontrabile nelle abitudini alimentari, negli ambienti occupati e nelle dimensioni corporee, spaziando dal colibrì al Tyrannosaurus rex. Ricerche condotte da ormai due secoli hanno collegato i dinosauri agli uccelli, sollevando interrogativi sullo sviluppo di caratteristiche biologiche una volta considerate tipiche solo degli uccelli moderni.
    Il dibattito sull’origine di un elevato metabolismo capace di termoregolare indipendentemente dall’ambiente esterno, in contrapposizione a quanto presente in molti rettili odierni, affonda le radici nella concezione del termine “Dinosauria” proposta da Richard Owen nel XIX secolo. Nonostante gli sforzi di molti ricercatori, la sfida persiste a causa della scarsità di informazioni fossili, generando divergenze di opinione sull’evoluzione di questa caratteristica fisiologica.
    Recenti scoperte fossili, unite a progressi nelle metodologie filogenetiche e nelle scienze paleontologiche, suggeriscono un nuovo scenario sull’origine della biologia peculiare degli uccelli all’interno della linea evolutiva dei dinosauri, indicando un’evoluzione di queste caratteristiche ben prima di quanto comunemente si credesse…

    Ci parlerà di questa incredibile diversità, che vede come protagonisti tra i più iconici animali della storia della Vita, il Dottor Alessandro Chiarenza (Università di Vigo), lunedì 11 dicembre ore 10, presso l’auletta di Anatomia Comparata – Alma Mater Studiorum Università di Bologna (via Selmi 3).

    Ascesa e trionfo dei mammiferi – The Rise and Reign of the Mammals

    Dal tramonto del regno dei dinosauri fino a noi

    È una scena che abbiamo immaginato tutti: l’asteroide che solca il cielo con la sua coda in fiamme e si schianta al largo dell’odierno Messico, sollevando tsunami e una nube nera e densissima, lassù a oscurare il sole. Quando la polvere finalmente si posa, i dinosauri si sono estinti e i primi mammiferi possono sgattaiolare fuori dalle loro tane: la fine di un mondo, l’inizio di un altro. 
    Ma non è andata proprio così: in realtà all’epoca del meteorite i mammiferi esistevano già, e da tantissimo tempo.
    Steve Brusatte, dopo aver ricostruito Ascesa e caduta dei dinosauri, ci racconta da principio questa nuova epopea: più di 200 milioni di anni fa, quasi in contemporanea ai primi dinosauri, anche i mammiferi fecero la loro comparsa, sviluppando poi nell’arco di molte ere geologiche i loro tratti distintivi – olfatto e udito raffinati, folte pellicce a ricoprire il corpo, cervello grosso e intelligenza acuta, metabolismo a sangue caldo, arcata di denti peculiare e soprattutto ghiandole mammarie attraverso cui allattare i cuccioli. Ma non si tratta solo di questo: è grazie al fatto che i mammiferi si adattarono meglio alle nuove condizioni climatiche e geologiche che, proprio alla fine della storia meravigliosa raccontata in questo libro, alcuni di loro, molto simili alle scimmie antropomorfe di oggi, presero una strada evoluzionistica del tutto diversa dagli altri che li portò ancora più lontano. Così, Ascesa e trionfo dei mammiferi è anche il lungo e appassionante prologo di una storia che, in fin dei conti, è la nostra storia.

    Di questo e tanto altro ancora, il Prof. Brusatte ci parlerà durante due imperdibili eventi organizzati da APPI – Associazione Paleontologica Paleoartistica Italina:

    Giovedì 30 novembre ore 16,30

    Firenze presso Palazzo Marucelli Fenzi, Aula Magna 112, via San Gallo 10.

    L’evento è organizzato in collaborazione con il Sistema Museale d’Ateneo e il Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università degli Studi di Firenze.

    e

    Venerdì 1 dicembre ore 16,00

     a Roma, presso Aula Lucchesi del Dipartimento di Scienze della Terra, Sapienza Università di Roma, nell’ambito dell’assemblea annuale della Società Geologica Italiana.

    Entrambi gli eventi sono patrocinati da Società Geologica Italiana e Società Paleontologica Italiana.

    Il Prof. Steve Brusatte in posa con un cranio di Smilodon. ©S. Brusatte

    Professore all’Università di Edimburgo, Steve Brusatte è uno dei paleontologi più famosi e apprezzati della sua generazione. Ha dato il nome a più di quindici nuove specie di dinosauri e a diverse specie di antichi mammiferi. Specializzato in biologia evolutiva e anatomia dei dinosauri, ha pubblicato articoli su “Science” e numerose altre riviste scientifiche, collabora abitualmente con “Scientific American” e “The New York Times”. È consulente scientifico per la paleontologia di BBC e 20th Century Fox, nonché per la serie di film di Jurassic World. Oltre a Dinosaur Paleobiology (Wiley Blackwell, 2012), testo di riferimento per la sua disciplina, ha scritto il bestseller internazionale Ascesa e caduta dei dinosauri (Utet 2018).

    SADP – The Southern Alberta Dinosaur Project

    Dinosaur Provincial Park_ Foto D. Bonadonna

    In via del tutto sperimentale e per la prima volta, la scorsa estate l’Associazione Paleontologica APPI ha  avviato un progetto di collaborazione con il ROM (Royal Ontario Museum) e il Philip J. Currie Dinosaur Museum per un progetto di scavo paleontologico e prospecting geologico che ha coinvolto anche alcuni studenti italiani dell’Università Alma Mater di Bologna, le cui attività sono state supportate da APPI.
    Il progetto ha avuto come referenti scientifici i paleontologi David Evans (ROM) per l’area del Milk River, Manyberries e Corwin Sullivan (University of Alberta e Philip J. Currie Dinosaur Museum) per il progetto nell’area di Grande Prairie.
    Le attività di campagna si sono svolte nella regione dell’Alberta, in Canada, e le oltre tre settimane di permanenza ci hanno dato modo di apprezzare le bellezze e la varietà di questa regione da un punto di vista geologico ma anche paesaggistico, oltre che alla ricchezza di reperti fossili. 

    Gli studenti che ci hanno accompagnato in questa esperienza hanno provenienze formative differenti, e per questo motivo, le attività svolte sul campo sono state di carattere geo-paleontologico la prima e più specificatamente paleontologica la seconda.

    L’Alberta è al centro delle scoperte di dinosauri già dalla fine dell’800, quando diverse spedizioni del Geological Survey of Canada raccolsero ossa dei grandi rettili mesozoici nella parte più meridionale della regione. Quasi sempre i siti più produttivi e in generale gli esemplari più significativi e meglio preservati provenivano dai calanchi lungo il Red Deer River, in quello che oggi è giustamente chiamato Dinosaur Provincial Park. Per questa sua importanza, l’area all’interno e intorno al Dinosaur Provincial Park è stata quindi riccamente campionata, con oltre 400 scheletri di dinosauri articolati o associati raccolti da questa località in oltre un secolo di ricerche.

    La prima parte del nostro lavoro si è svolta dal 15 al 26 luglio, nell’area del Milk River lungo il confine con il Montana (USA).Il nostro team ha fatto parte di un progetto di ricerca sul campo che va avanti da diversi anni, organizzato e avviato dal Royal Ontario Museum (con la supervisione del Dott. David Evans) con i colleghi del Cleveland Museum of Natural History e del Royal Tyrrell Museum. Quest’area contiene alcuni dei più antichi sedimenti con faune a dinosauri in Alberta e ha il potenziale per rivelare nuove specie dei grandi rettili mesozoici per contribuire alla nostra conoscenza nell’evoluzione dei dinosauri del tardo Cretaceo, oltre a rappresentare una delle aree con la maggior biodiversità a dinosauri del mondo.

    Daspletosauru quarry_Foto di A. Giamborino

    La geologia e la paleontologia del tardo Cretaceo dell’Alberta sono state intensamente studiate, ma le ricerche sono state indirizzate principalmente verso aree con grandi quantità di siti affioranti facilmente accessibili, concentrando l’attenzione come già detto, sul Dinosaur Provincial Park.
    Nei livelli fossiliferi negli strati rocciosi della Dinosaur Park Formation sono presenti diversi turnovers faunistici che sono certamente dovuti a cambiamenti ambientali di queste aree. Lo studio quindi anche delle aree limitrofe al Dinosaur Provincial Park è importante per comprendere meglio le cause di questi cambiamenti e i loro reali effetti sulla fauna. Spostandosi nell’area più a sud dell’Alberta al confine con il Montana, nella regione del Milk River, i dati geologici e paleontologici sono però più scarsi ma comunque molto promettenti. Da questa zona infatti arrivano alcuni dei più antichi sedimenti a dinosauri in Alberta (Milk River, Foremost e Oldman Formation) nonché porzioni significative delle Oldman e Dinosaur Park Formation che sono equivalenti nel tempo alle sezioni esposte all’interno del Dinosaur Provincial Park e che quindi potrebbero contribuire ad una maggiore comprensione dell’area.

    Mappatura sito_Foto A. Giamborino

    Per questo motivo, il progetto di ricerca pluriennale sul campo, mira a eseguire un’indagine paleontologica completa di quest’area, con l’obiettivo di compilare un quadro biostratigrafico dettagliato per questa regione che possa essere confrontato direttamente con il ben noto Dinosaur Provincial Park e per documentare la fauna ancora poco conosciuta dei dinosauri della metà inferiore del Belly River Group e della Milk River Formation. 

    Nei prossimi articoli racconteremo quello che è stata la nostra esperienza sul campo, direttamente dalla penna di chi è stato più coinvolto, i nostri studenti!
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